lunedì 22 dicembre 2008

no more doubts

fruscio della città nel parco illuminato di stelle ed arancione, tramonto rosa e lilla che mi ha fatto da alba, dopo una notte di carezze abbracci ed amplessi. un cerchio alla testa per una bottiglia di troppo, foglie di menta zucchero rum e san pellegrino enzimi di tensioni e scene che potrebbero passare in un mauvais film.
e, pur non scorgendo soluzioni nel voler gestire voglie e carenze, la carezza del contatto, delle parole e della lingua, mi fanno accantonare possessività e sacrificio. non ho più dubbi, la lontananza non è come il vento e non ho nulla da rodere se non il presente, ma mi cullo nel piacere che è stato e che potrebbe essere. ritorno ad una coppia adolescenziale, ma disinvischiata dalle catene. sola forse ora, ma sorrido.

domenica 7 dicembre 2008

casa

una stanza a cullarmi non mi capitava tutti i giorni da un po' di tempo, e senza bisogno di una casa me ne sono andata in giro per il mondo (senza ammirare l'eccezionale, ma strascicando un po' di banale stupore tra i chilometri) approdando ad un castello senza principe azzurro. una parete della stanza, quella sì, è bleu claire, come il riflesso della lune in una notte illuminata, più del cielo e meno del mare. penso che adolescente debba averlo sognato, con gli occhi chiusi dietro ad una stella cadente di agosto, di essere qui ora, senza proprietà ne rivendicazioni, tra i colori della vernice fresca e l'odore della stufa, con il flex che risuona nelle stanze e nelle ore, la musica che rimbomba qualche corridoio più in la, il profumo di zuppa che sale dal basso. diciottenne ubriaca su una strada di mare, ardendo canne e baci, dopo aver sbirciato la vita di posti occupati, devo averlo espresso ad una scia luminosa di voler prendere il mio posto da una certa parte della barricata. e sto imparando a saldarle le inferirriate che barricano le nostre porte, rendendomi conto di come ce l'ho fatta a credere in quello che volevo fino a farlo,a costo di scoprirlo con l'etereogeneità del reale e senza i tagli netti dell'immaginazione. e se volevo andarmene da una torino incocainata e fredda, sono riuscita a varcare con un duecentosette scassato i pendi ghiacciati, fermandomi sotto la neve e in un vecchio bar francese a bere il primo caffè allungato, il bianco dei pini è stato troppo a lungo sulla mia retina, ma l'entusiasmo dell'arrivo mi ha riportato in avanti ed indietro nel tempo..

venerdì 5 dicembre 2008

barche e mirtilli

un orologio brillante e virtuale lascia intravedere ombre che farebbero presupporre una luce al neon, ma se alzo la testa non vedo altro che la condensa dell'aria fredda e le travi di legno di una casetta di cartone.
impantanata nella neve e nel fango di una torino bianca e grigia, alterno momenti di entusiasmo a discese oltre l'acheronte. ho perso per strada attimi di cui avrei voluto scrivere , assimilati nel tessuto nervoso molto più profondamente di quanto serva per emergere con la memoria. senza meta ne guinzaglio, mi muovo su una scacchiera impazzita, come se la psilocibina ne alterasse i colori e le forme. legami e visages impregnati in un sorriso, evento inatteso di bevute e regali, scoprire la brina e l'azzurro dietro nuvole e montagne. persone che inattese mi parlano di mirtilli e more durante un concerto e barche e ponti in una festa. se fosse estate si avvicinerebbe il mattino, nel cuore dei mesi freddi ancora qualche ora di buio mi aspetta, ho sonno ma una voglia incompiuta e difficilmente realizzabile in sintassi e morfologia mi costringe a sfruttare gli ultimi minuti di una batteria che si scarica.

giovedì 13 novembre 2008

ciciciqui

penso virtualmente ai titoli da scegliere per post mai scritti, mi lascio sfuggire momenti lasciando solo qualche attimo incollato con una punaise altrettanto virtuale che una sinapsi.
il ritorno in città mi pone al piano di un topolino di campagna che, con occhi sbarrati e vivi, cerca di immmagazzinare tutti i colori, le luci di strade e case, l'aria calda del giardino lasciando in secondo piano sulla retina le stelle della notte senza lampioni, le foglie di una strada senza asfalto, le case in pierre e la riviere che scorre. in fondo, si chiede il topolino disorientato, che differenza c'è tra sentire lo scrosciare di un torrente fuori dalla finestra appena prima di dormire e entendre les ouvriers e l'usine ronzare nella notte arancione?
sto bene, sto male, non so piu come stare
non studio, non lavoro, non guardo la tivu, non vado al cinema non faccio sport

domenica 28 settembre 2008

grigio torino

grigio di nuvole e marciapiedi, grigio di cenere di sigarette schiacciate, grigio nei capelli della gente, grigio nelle cervella impregnate di cemento, grigio nella corteccia di platani malaticci, grigio sui muri dietro i graffiti, grigio dei piccioni, grigio della stufa che non scalda, grigio del freddo di mezza stagione, grigio metallizzato delle auto della digos, grigio delle ossa, grigio sin dentro le ossa, grigio di un'erba marcia che puzza di muffa (ma è rimasto solo più quello e grigiamente ci si accontenta).

Smog grigio che incolla la pelle ed i pensieri, senza il mistral a spazzare via il fumo delle fabbriche che producono adonf (perché il fumo di une usine che brucia o un carcere dato alle fiamme non è grigio: il nero svetta sulle macerie delle sbarre), senza i gabbiani a rubare il pesce al mercato (ed è inutile il confronto con i corpi tozzi dei piccioni alla ricerca di briciole), senza le persone ingabbiate da mode, sostanze e vuoto, mi manca la vita in un quartiere popolare di una città di mare, senza honte nel cercare tra i cassonetti (perché sì, sarà anche quello che vogliono da noi, ma ingabbia meno del produci-consuma-crepa), a rubare gasolio e biciclette e preferire lo dspi a una coca di merda che non sa di niente, senza bisogno di schiacciare chi ti cammina accanto (e perché no, fermasi a parlareee). Senza la fighetteria di muri a bolla e colori precisi, grappa che cartonne e trentacinque euro per una maglia sono pochi confronto novanta di un grammo di quella merda che ti pigli per crederti migliore. Qui il freddo mi penetra dentro, e occupare non è per vivere ma per farsi vedere. Vedere, forse da una città che comunque cammina nei suoi impermeabili beige e nei pickpocket dei tram umidi, che inizia il turno alle cinque e lo smette che è troppo stanco per pensare, che non gioca a pallone per strada, che non beve un thè verde e una birra, guardandomi passare dopo lavoro, che non vende olive e harissa, che si nasconde per drogarsi perché ha paura di essere chiamato drogato (ma non è abbastanza facile capire che condividere evita le etichette). E se è difficile spiegare cos'è una teci, mi accorgo che il fumo del toeush ha il colore della brown. E non è questione di grigio o marrone, è questione di vita o di morte (anche i funghetti sono del colore della terra, come ubuntu e le shit).

giovedì 14 agosto 2008

adonf

il tempo non ha consistenza e qualche settimana di eccessi, feste, concerti, mare, viaggi non bastano a fare estate. perchè vacanti lo siamo tutto l'anno senza bisogno di scazzarsi un giorno all'anno tutti insieme sulle autostrade. il mio corpo che reagisce alle sostanze, e un anno fa ero già qua ma non nello stesso posto,

martedì 1 luglio 2008

trainspotting

al computer in una cittadina di cui solo ora riesco a pronunciare il nome, senza conoscere nulla e senza troppa voglia di inoltrarmi nella provincialità di bouleverd e platani, giardinetti ed auto nel garage. lascio due villes dal cuore che batte e mi incazzo un po' dalla mia dipendenza in/af-fettiva. che poi quando avevo iniziato il post avevo voglia di marquer scorci di quartieri taggati e sale nell'aria, un concerto punk, panini e bella ggente, un parco e degli esami troppo lontani per ricordarmene. non avevo voglia di pensare ad un tipo che mi lascia trapelare dalla voce delusione per il mio desiderio di saldare barricate e condividere canne con la gente di una città di mare, di fare l'orto, legando pomodori e curando zucchine e mi accorcia la telefonata come se fosse successo qualcosa. non ne avevo voglia perché ero finita davanti a questo schermo di un cyber ultrareuch, per aspettare un furgone in cui fare l'amore, bere un bicchiere, raccontare tante cose e tanti baci e fumare un po'. ed era per tutto questo che oggi pomeriggio ho salutato gli amici e dimenticato fichi zuccherosi sulla gaziniere di recup del giardino, un cubi di bianco nel frigo ed ho lasciato l'aria ed il sale che accarezzano le strade. non perché ne avessi voglia, ma perché mi andava di dimostrare che anch'io desideravo accoccolarci nell'erba e guardarci negli occhi (perché dopo quindici giorni sentirsi all'orecchio non basta più). e vaffanculo, dire che mi ritrovo a dover ancora aspettare due ore di una sera che sembra appiccicosa ed arancione per i lampioni di un agglomerato urbano piatto e periferico senza avere ne gli uni ne l'altro. fame, ma ho speso tutti i soldi per far passare il tempo e neanche posso azzannare un kebab o bermi un the verde (che poi a dirla tutta difficilmente batterà quelli della foceana). desiderio che mi era aumentato, ma devo aspettarmi altra gente assieme. lo dovrei aver capito che dovre fare solo quello per cui ho veramente voglia, anche se troppo spesso desidero dimostrare qualcosa agli altri (ed anche questa é una mia intenzione). ma sono stufa di ritrovarmi "solo in una stazione senza...".
ho le narici e le sinus intasate per il catarro dell'aria condizionata dei treni, mal di testa per lo stesso motivo ed un'incazzatura che sale, internet che scade, bisogno di un cesso.
cio non toglie che io stia bene, cullata dal caldo e dalla brezza deglia alberi, contenta di aver vagato kilometri ed ore trovando sempre qualcuno che mi vuole bene, riuscendo a condividere momenti ed attimi. ma non sono (piu) dell'umore giusto per parlarne. ora vado a guardare i treni passare, ma "tutta la droga é finita", cazzo.

giovedì 29 maggio 2008

lodio

forse ci ero quasi cascata, affogata nell'introspezione, post vuoti di colori e gabbiani, a farmi sedare la rabbia. gru che spuntano sull'orizzonte di una città che cambia per il capitale, stritolando le sue arterie di gente che si prende la strada e la vita; sbirri che non osano troppo varcare i confini di quartieri dove non si sentono a casa, cubi di cemento di usines abbandonate e di case offerte à loyer moderé. no, non ho smesso di guardarmi attorno, di sentire le persone, non ho smesso un solo istante di odiare lo stato e i suoi scagnozzi, non ho diminuito la mia haine contro capitale e lavoro alienante, non ho cessato di essere intollerante all'autorità ed alle gerarchie, non ho cambiato d'avis su una bandiera perché ha del blu e non del verde, continuo a sognare le sbarre distrutte e les taules in fuoco, caméras, vigiles e compagnia vorrei vederli a filmare i commissariati che saltano in aria e le ville di bourgs pillés.
e se scrivo di spiagge e sensazioni é perché cerco di abbatterla la merda che mi circonda, ma sovente mi riesce solo di spazzarla via, in un angolo. e posso illudermi a momenti che non ci siano sbirri ad ascoltare il mio telefono, che a nessuno sia mai venuto in mente di foutre un gps nella mia bagnole, che non sia ancora nato chi vorrebbe vedermi dietro le sbarre o vedermi crepare lavorando dietro ad una scrivania. e non voglio cadere nella paranoia di gabbie psicologiche dans le quali vorrebbero farci vivere. perché, alla facciazza loro, facciamo sesso e mangiamo bene, fottiamo e beviamo del buono, abbiamo di che divertirci e star meglio, abbiamo a riprenderci il nostro tempo, godendoci i cieli azzurri ed il mare, le città, un potager biologico, punk harcore a ritmer le serate. e vaffanculo

barbelé

une historie sur un ticket de caisse, ma poi potrebbe servirmi da paille...
il grigio delle città di mare mi ha raramente rattristato, ma il verde delle foglie di un jardin mi ha reso più felice
grande piaule et je me dis sono fortunata , come se non me la fossi presa con i denti e con le unghie
ma c'é a chi morsi e graffi non bastano contro manganelli e menottes, un giorno arriveranno anche tra i miei muri rossi e viola gli sbirri, con le loro cazzo di bandiere tricolori che non cambia nulla se c'é del verde o del blu e si vedrà. calpesto tutti i giorni marciapiedi di una città in cui non sono nata, evado le tasse di un pays che non sarebbe il mio. ma non sono straniera come chi é stato macaroni prima di me in questo stesso quartiere, qualche decennio fa; non sono straniera come chi, pur essendoci nato, in queste strade in pendenza, ha una pelle che lo marca; non sono straniera come chi, come me, occupa e squatte gli spazi vuoti ma ha gonne colorate ed é rom; non sono straniera come chi, per il mio stesso delitto -l'aver attraversato un confine-, viene recluso e rispedito a destinazione. non penso nella stessa vostra lingua, cazzo di burocrati, condannata ad un melange di immigrata, ma le vorrei vedere tagliate le vostre e vorrei vedervi correre disperati come le galline decapitate. come polli senza collo e come voi lasciate crepare e ammazzate. come il tunisino che avete ucciso in un cazzo di cpt a torino, imprigionato senza cure (ma forse la morte é dovuta ad un'overdose d'hashish - iniettatevi voi la merda che ci lasciate e moriteci) , vous l'avez butté vous il ragazzo che é scappato dalla garde a vue, vous l'avez tabassé vous le gar che ha cercato di riprendersi la libertà che merita, fuori da un centre de retention, li avete sgomberati voi i campi occupati da rom che terrorizzano il quartiere con la loro diversità. sogno mia sorella che preferirebbe la morte a venir arrestata da una banda di digos cocainomani, io preferirei la morte della sbirraglia, tout court. sento la mano di quel mastino bavoso di crs che mi attanaglia il braccio che mi urla "i documenti" e si chiede il perché del mio odio se posso tendergli una patente italiana. mi minacciano che la prossima volta faranno sul serio e non saranno gentili, me le prendero' le botte che merito per stare in strada e frequentare brutta gente. il cpt brucia, ma bruciasse davvero con tutti i matôns, les barraux e le griglie.

martedì 27 maggio 2008

ostriche e stagnole

calore d'asfalto e di vento del sahara, il giallo del primo girasole, l'arancione dei lampioni delle notti d'estate, defonce per una tisana di papavero
e restare nel letto, il grigio di una domenica nauseante che ricorda quelle di qualche anno fa, un kebab e il mare, la spiaggia con vento e di sera, le ostriche sul béton, il vino bianco, la vidange, la chiave alene che non é mai quella giusta
non so se trovero' ancora la voglia di perdermi tra lettere e parole, sfumature che non ho più envie di cercare, taxiphone che non so se paghero', ma spero di riuscire a trovare la serenità di una frase ben scritta, di un pensiero che non sfugge
vorrebbero relegarci ai margini, diritto umano al fango ed alla merda, mais hanno dimenticato che l'antifrance prefère le luxe à la misère. il lusso di fottersene di margini e centri creati in loro funzione, il lusso di prendere le piramidi sulla cui vetta si credono e stritolarle fino a vederle émiettarsi.

sabato 19 aprile 2008

eroïne: un somnifère pour enfants

succosi e caramellati
come non lo saranno mai
m'immagino i fichi fuori della finestra
brillare opachi (al grigio perla di nuvole ventose)
verde d'aprile di foglie bagnate, pioggia
che si unisce al mare
e umidità maschera lacrime sulla faccia
grigioverde non nel caffe al mattino ai neon di una piola di graniglia giallastra,
ma nel sangue tutta la giornata
ravanelli e zuppa au pistou
ne voglio di più

lunedì 7 aprile 2008

ça fait longtemps che non mi fermo per cercare di riuscire il tetris della mia testa e forse non so nemmeno più in che lingua azzardarmi...uno scritto che deficita, ma queste linee nulla hanno a che vedere con la statichezza e la standardizzazione dell'inchiostro che marcisce nei libri...et donc, quasi temessi il confronto chiaro con un pezzo di carta che parla ed urla, perchè non sono ancora finite le volte che i fogli ed i libri mi tengono prigioniera, mi costringono laddove non vorrei essere a fare quanto faccio. non ho una finestra, qualche centimetro di vetro lascia passare la luce ma non il sole, ed il tetto mi schiaccia con la faccia premuta sulle pagine che non scorro e sento il freddo delle lenti premere contro le palpebre che non riesco a tenere alzate. voglio il mare, l'orto ed i rapanelli, le fragole e gli spinaci, voglio chi mi ha detto parole che mi accarezzano, perchè per me non è un errore se chiudo gli occhi e penso a te, voglio il "mio" squat, dove non senta il bisogno di inserirmi -e piegarmi- a reticoli che esistono da decenni e mesi, dove una stanza di colori pastello, ordinata e perfetta accanto a chi ruba la distro per la robba, ordine e leggerezza che puzzano di bolla.
e mio fratello che grandisce e capisce, fumo in fumo, l'ingegnera ingenua che passa a bere un thè
non voglio partire per non pensare, ma per poterlo fare senza scheletri che emergono dalle parole sparse, senza obblighi che mi invischiano e con qualcuno che mi abbracci forte, vorrei partire subito e mi sento i piedi cementati in una melma che non si stacca.
E je ne sais pas: nous voulons tout strizza l'occhio dall'alto del cornicione e mi sembra rispecchiare la congerie turbinosa di contrasti, vecchi lontani e distanti mi perseguitano nel grigio incolorabile di questa città industriale in cui anche gli operai sono morti.
mi risale impregnante la paranoia, immaginare nero e schianti, fiato che mi manca e vorrei, vorrei non dover essere partita, perchè ne ho basta di lasciarmi comandare da doveri che vorrei stringere fino a distruggere e spezzare, anche se troppo spesso mi sembrano lame di rasoi. sono stufa del livello topico dei miei scritti, ma non so come altro arginare la ricorsività se non con smettere di fingere di non rompermi i coglioni a scrivere cazzate. eppure, un anno fa non mi sentivo meglio, striturata e compressa, ma è troppo facile abitursi a star bene e liberi che qundo vedo un guinzaglio, posso anche aver deciso di mettermelo da sola, ma ha un odore putrido più acre delle catene arrugginite.

lunedì 10 marzo 2008

ortiche, quartieri, roquette e concerti

anche se le abbandono a loro stesse, ogni tanto mi mancano queste pagine virtuali, dove la defonce é incapace di cancellare minuti e sensazioni
calendari ed incasellamenti, come al solito li lascio a chi marcisce sui moduli da compilare e non so se sia passato un mese, da quando siamo entrati nella nuova casa.
ma poco importa il tempo, una scheda wireless ancora incapace di criptare abbastanza traffico per crackare la chiave wep dei vicini, i muri su cui non è totalmente sparito il marrone ed il beige. torno in una giornata di sole, sotto un cielo azzurro, la stazione calda , ma é cosi' lontano. sabato notte anche e poi troppo troppo che non puo' essere setacciato da una tastiera. strane sensazioni, talvolta, i godet sono i miei cagnolini che lascio morire per la mia demotivazione postanfe. vorrei andare da un dottore per chiedere della mia spalla, ma se ci lavoro, so che é un reumatismo da giovane é nulla contro una leucemia da piccolo. e ho un dolce massaggio all'olio di cocco, con la piloerezione a sentirmi mischiare "je", "trace de speed" e "taper". e i keufs che mi chiedono se ho bevuto (e non ci credo che basta dirgli di no, per poter partire), quando guido senza piena consapevolezza chi ha occhiali e nocche sporche di sangue. fare la spesa per gli altri non significa choper le tchi de la tesi, rubare vernici e colori, strappare affiches elettorali ed rientrare in una casa occupata. giardino d'ortiche e ciboulette, il basilico muore, ma il risotto é buono quanto la zuppa. una camera ancora dalla tapezzeria a fiori, ma giuro, non basta a scalfire la mia serenità. e giovedi' il processo e venerdi' una visita che rimando, ma mi riempie di astio. so che abbandono troppo ai miei neuroni che volano spazzati da una vita che non é studio matrimonio e chiesa, ma me ne fotto.

giovedì 21 febbraio 2008

ma la casa dov'è?

c'è chi ha trascorso la preadolescenza con lo stereo acceso sugl'883 e chi, come me, srotolava cassette di jovanotti nel walkman. "e qualche volta capita che..." mi ritorni in mente qualche frammento sonoro affossato dal tempo. guardo lo zaino ed il borsone sul palchetto macchiato e senza cera, sento una voce che vorrei più vicina al telefono, mischio serate accanto ad una stufa a gas, quelle vissute in un posto appena occupato con quelle di muri che vedono squatter da una quindicina d'anni. una falsa partenza, sveglia puntata alle cinque domani, e non riesco bene a capire quando torno a casa, dove torno a casa. nelle braccia di un uomo a cui voglio bene, tra le risate e gli abbracci di amici, nel grigio di una città in movimento o nell'azzurro di una ville tranquilla? è facile scartare, tra le scelte, una casa grande e bourrée di orpelli inutili, posta ai confini di una campagna inesistente e di una città sempre più invadente, in cui le dita mi aiutano a contare gli anni depuis quand j'y veux fuir. ho riletto le parole troppo mistiche e fricchettone che accompagnano il motivetto che mi è rimasto in testa, ma forse non ho voglia di rispondere all'interrogativo, perchè casa è qui, la, senza distinzione di spazi, tempi, persone, ho (quasi) imparato a staccarmi dalle cose e vivo leggera, con uno zaino come mongolfiera. buon viaggio

martedì 19 febbraio 2008

traducendo....

Toi, qui hais la france, ses lois, ses flics, son armée, ses juges, ses

maîtres et ses esclaves zélés, ses écoles, ses usines, ses commerces,

ses églises, ses villes et ses campagnes, ses morales et son bon sens,

ses hypocrisies, son hygiénisme et sa bêtise crasse, ses rôles... agis !

A coup de sarcasmes, à coup de pierres, à coups de schlass, à coups

de bâton, à coups de cocktails molotov, à coups de vice, à coups

d’émeutes, à coup d’incendies, à coups de fusils ; fraude, vandalise,

vole, pille, sabote, incendie, détruit, conspire, frappe.

Frappe la France, au coeur, à la tête, au portefeuille, aux couilles et

aux jambes, frappe avec le couteau de l’assassin, agis maintenant,

venge-toi ! déserte la France et ses foules de solitaires, rejoins l’anti-

France et ses styles de vies scandaleux ; l’anti-France crache dans la

soupe ; l’anti-France vole pour ne jamais travailler. L’anti-France

frappe les flics à terre (ou à vélo). L’anti-France préfère le luxe à la

misère. L’anti-France attend son heure, dans l’impatience. l’anti-

France s’arme et s’organise. l’anti-France venge ses morts et attaque

les prisons. L’anti-France brûle des voitures le 14 juillet, le jour de

l’an, et le reste de l’année. L’anti-France détruit les couples. L’anti-

France boit la coupe jusqu’à la lie. L’anti-France glande et prend de

la came. L’anti-France est une section de l’anti-monde. L’anti-France

n’a pas de papiers. L’anti-France n’existe pas, elle est dans l’air, c’est

pourquoi elle est partout. L’anti-France n’a pas de revendications car

l’anti-France est encore vivante. L’anti-France, c’est la gangrène,

aujourd’hui étouffée, décriée, demain triomphante. Rejoins l’anti-

France, multiplielà.

Le seul risque que tu cours, c’est de ne pas mourir pauvre.


Tu che detesti l’italia, la francia, le loro leggi, i loro sbirri, i loro eserciti, i loro giudici, i loro capi ed i loro servi zelanti, le loro scuole, le loro fabbriche, i loro negozi, le loro chiese, le loro città e le loro campagne, la loro morale ed il loro cazzo di buonsenso, le loro ipocrisie, il loro igienismo di merda, i loro ruoli, la loro vomitevole idiozia…AGISCI!

A colpi di sarcasmo, di sampietrini, di coltelli, di bastoni, di molotov, di vizio, di scontri, di incendi, di fucilate: imbroglia,vandalizza, ruba, saccheggia, sabota, incendia, distruggi, cospira, ATTACCA!

Attacca al cuore, alla testa, al portafoglio, ai coglioni ed alle gambe, attacca con il pugnale, agisci ora, vendicati!

Diserta l’italia, la francia e le loro folle di solitari, raggiungi l’antimondo ed i suoi stili di vita scandalosi. L’antitalia ti sputa in faccia, l’antitalia ruba per non lavorare mai, l’antitalia attacca gli sbirri anche a terra, l’antitalia preferisce il lusso alla miseria, l’antitalia aspetta il momento propizio nell’impazienza, l’antitalia si arma e si organizza, l’antitalia vendica i suoi morti e attacca le prigioni, brucia le macchine il due giugno, a capodanno ed il resto dell’anno. L’antitalia distrugge le coppie, l’antitalia va fino in fondo, l’antitalia cazzeggia e si fa, l’antitalia è solo una delle sezioni dell’antimondo, l’antitalia non ha documenti, non esiste, è nell’aria perché è dovunque, non ha rivendicazioni perché è ancora viva, è feccia oggi soffocata, derisa e domani trionfante.

Raggiungila, il solo rischio che corri è di non morire povero.




lunedì 18 febbraio 2008

(s)bocciato

apro gli occhi prima dell'alba,tra i fiori di un papierpain vetusto e scollato, cerco d farmi perdonare con un bacio, ma non è la mia lingua che mi sorprende lasciando una vecchia auto dont la plaque est italienne. la coda per un biglietto che non paga nemmeno un terzo del tragitto, lepagine disiluse di un izzo triste scorrono con i chilometri. il mare oltre il finestrino, riflessi di barche ed onde sul vetro. neve nei campi addentando un panino e vedo un ponte rosso e non posso lasciare il rimorso per non essermi avvicinata di più ad assaporare il gusto innocente di una notte diciasettenne. mi scollo dalle pagine per sognare come sarebbe potuta andare e magari...scendo in una torino fredda e grigia in cui mi trovo un po' disorientata tra le lingue che non capisco. una casa occupata e c'è un posto per me senza bisogno di chiederlo, un caffè buono e il caldo incredibile di una sala d'attesa di un dentista che puzza di disinfettante. cammino nella notte scura e salgo su una metro che non mi ricordavo neppure esistere, marmo luccicante e senza idee per saltare il vetro. saluti, baci ed abbracci, nemmeno mi stupisco di essere approdata tra gli amici pirati, le stufette al caldo, il cibo, il vino ed il fumo ed un letto caldo accanto al fuoco. squallore di quartiere riempito dalla voglia di effacer dai nostri giorni la banalità cupa, mattinata fredda ed ozio tra i tamarretti che per una volta vorrebbero essere come noi. un taxiphone strano e devo combattere contro l'istinto di parlare franscese, anche se è al di la delle alpi che so che qualcuno ha affiché uno striscione autoreferenziale e qualcun'altro sembrerebbe quasi non rispondere al telefono. tappa obbligata all'enoteca, l'accento piemontese mi fa male alle orecchie, neh. il grigio è nel cielo, sui muri senza graffiti, nei capelli dei vecchi e negli occhi della gente. un controllore da cui riesco a fuggire e che mi fa camminare al freddo di luserna grigia e sporca. ed arrivare, ma senza quella meta sulla piazza buia di un paesotto ed adocchiare i cadenas delle biciclette. una cena in famiglia cn i piedi sui bancs e la esta altrove. una pizza troppo cotta, distratta dal vino senza far caso al forno. e ricevere bucce di arance addosso, dall'altra parte del tavolo e quasi non crederei che forse è passato più di un anno, no fosse che l'insicurezza la sto buttando poco a poco, zavorra che cade dalla mongonfiera dei giorni che scorrono. e lo sa che ho il ragazzo, ma in fondo ho imparato a parlare e guardare negli occhi senza sbrodolare voglia. ed un attimo di incertezza prima della bise, perchè "tanto tempo fa mi avevi promesso"...ma sento eisntein dirmi che il tempo è ciò che l'orologio misura ed l'orologio può essere n'importe quoi. perchè non mi basta etre bien sur le zerosix quatreving... per riuscire a distinguere con chierezza ciò che c'è stato e cosa no e cosa forse vorrei ci fosse. sfumo tatuaggi e piercing, senza riuscirli ad abbinarli ai capelli ed alla barba giusta. "perchè sei innamorata, no?" e mi chiedo quanto giochi l'anarchia nel volersi ritagliare spazi propri, a non sentire il bisogno di camminare mano nella mano (e già sottobraccio sembra un oltraggio), sì, amo, amo il sugo sulla pasta finchè non è finito non so mai dire basta...e quando è ancora in pentola a bollire lontano dal mio piatto mi viene da chiedermi se ne sono ugualmente attratta. perchè ogni singolo centimetro di queste strade, di quei marciapiedi, le ho varcate troppe volte senza nient'altro che me e mi fa strano pensare che a qualche centinaio di chilometri d qui ci sia il sole, il mare ed un vecchio ragazzo con cui amo perdere il mio tempo.

sabato 9 febbraio 2008

ça y est

ça y est, c'est parti...ci siamo. sento al telefono di una nuova occupazione in italie, penso agli amici sul tetto e a quelli a terra, alla frenesia dei primi stencil a bomboletta e alla polvere da spazzare, la luce, l'acqua, la cucina precaria, la voglia di smuovere e di creare. e nel giardino di questa caso occupata da un po', mi preparo ad appiccicare una nuova esperienza al mio cv squatter. per il momento mi attende una recup di pane, nel prossimi giorni non so cosa avro' davanti. un cerchio e un fulmine sembrano marchiarmi il cuore...

domenica 3 febbraio 2008

toujours la...kesk c erasmus?

abbandono il blog al suo destino, lasciandogli il malinconico compito di annotare le mie rare tristezze. perché quando esco al cielo di questa città in cui l'azzurro non sembra finire mai neanche penso al bisogno di appiccicare su un carnet virtuale la mia estasi impalpabile
il sole sparisce sempre più tardi, esco da una scuola che inizio davvero ad odiare per tutto quello che rappresenta ed incomincio ad apprezzare per l'umanità che trasmette e vedo il vetro dei palazzoni rifatti a nuovo brillare. un piumone caldo ed un abbraccio, un sorriso ed un bacio per iniziare al giornata ancora mi lasciano felicemente étonnée. e fare l'amore svegliandosi, attenti ai rumori perché solo una tenda a righe ci divide dalla sala ordi, rifarlo fino alla sazietà (momentaneamente lunga auparament), fumare insieme, carezze baci e parole ed iniziare chaque un sa journée. lasciare in cucina una palla di pasta brisée, ritagliare un carnet tra cuoio e serigrafia e regalarlo con piacere. fa troppo caldo in questo internet cafè, esco in una sera qui vient just de commencer.

martedì 15 gennaio 2008

chicken wings

azzanno ali di pollo in busta, come se la mia voracità potesse ridursi a far scricchiolare le cartilagini sotto i miei denti, non capisco quali siano i limiti dell'affetto e mi sembra banale attaccarmi ad un non-regalo di compleanno, ma forse no. passo dal triste a sorridere per un incontro fortuito alle casse di un supermercato che mi permette di ricevere auguri in italiano. non avrei mai pensato di dovermi preoccupare di scansare trenta ore appiccicate allo schermo, dovevo procurarmi delle pinze monsignore, ma davanti al brico scopro che chiudeva mezzora prima, vado in piscina con la voglia di sguazzare nell'acqua che mi accarezza e ricevo un calcio nell'occhio, ho voglia di acqua e scopro che costa troppo, vorrei dare un esame, ma avrei dovuto partecipare ad uno spazio virtuale in ottobre. spero che fuori la bici ci sia ancora e non piova a dirotto come ieri. ma tutto va bene!

domenica 6 gennaio 2008

brouillons felici

un caldo duvait la mattina di un giorno che di gennaio ha ben poco, spalanco la finestra con la grata ad elefante rossa e nera nuova di zecca, l'aria mi accarezza, mi accorgo delle differenze della stanza rispetto ad una settimana fa e so che non sono i funghetti (infatti, forse era l'alcool)
aspetto un'auto che so che non sostituirà una bici viola e nera sparita tra i furti dell'anno
ingoio timo e zenzero per soigner la mia gola che ancora porta strascichi di placche, guardo il sole in giardino nascondersi dietro la casa, bevo marsiglia dall'alto della stazione, con le scalinate in pietra di cassis e notredame de la garde sul fondo, i gabbiani tra le nuvole e l'azzurro, un biglietto del treno all'ultimo, unghie nere e scarponcini, un furgone ed il mare, il vento e le onde, i pini verdi e la roccia bianca, il cioccolato ed il vino, i caffé, i baci e la voglia senza sapere perché...riconoscere con piacere una voce al telefono e questa volta mi immagino anche gli occhi, la barba e l'orecchino ed le dita che si incrociano passando una canna...sto bene, il tempo passa e neanche capisco il giorno che siamo, forse dovrei ritornare sui banchi, ma spero di avere la motivazione ti restare quanto mi serve sui libri per riniziare a vivere, torino sullo sfondo é un po' più grigia, anche se sento la voce da cui non posso staccarmi che mi dice che dovunque sono la benvenuta...e vedremo dove andro...il calndario, quello del lavoro, delle istiuizioni, del tempo borghese di merda non mi interessa e non mi scalfisce, ma un anno passa giorno dopo giorno, con il sole che spunta dopo una nottava svegli e cala quando ci si sveglia e duemilaotto o nove non importa, spero di continuare a sorridere...come tutti quelli che mi stanno accanto e a cui voglio bene... --che fine sdolcinata, che mi prende?---