lunedì 24 settembre 2007

e il cielo è sempre piu blu...

mi sveglio a marsiglia e non mi chiedo se il cielo sarà azzurro, mi domando solo quanto manca per vederlo. il mediterraneo colora ogni angolo e da vita ad ogni attimo, ma so che non c'entrano le nuvole o il vento, le cités bianche ed i panni stesi, i pastis ed il mare nella mia felicità. forse precaria, ma palpabile, tangibile. e non puo essere altro che vivere come ho sempre voluto, su una bicicletta tra le mura di uno squat, senza autorità lottando contro la proprietà, lo stato, le leggi. respirando a pieni polmoni anche se l'aria é satura di fumo (o forse per quello). non so cosa mi aspetta, ma so che in questi giorni passati ho trovato cio che in fondo non avrei mai creduto. futuro incerto, ma felicità immediata.

mercoledì 19 settembre 2007

belle de septembre

arrivare in un posto per studiare e scoprire di aver voglia di tutto fuorchè di rinchiudersi in un'aula. no, no questa volta non è la solita pigrizia tipica dello studente, è voglia di rayer dalla vita cio' che odio. perché alla fine mi scasso la testa sui libri (beh, neppure molto, ma questo non c'entra)? io che me ne fotto di un'occupazione stabile e rispettabile, la classe media pourrie la detesto, l'obbiettivo borghese di una casa, un'auto, una famiglia e tanti bambini per la patria ça me degeule. e allora perché? perché sono qua con una cazzo di borsa erasmus e passo il tempo a odiare gli universitari e a trascorrere le ore in uno squat fumando, bevendo e discutendo d'azioni? vado in bici per le strade di marsiglia, con rap e musica araba che esce dalla auto scassate targate 13, recuperando frutta, verdura, yogurt, uova, salsiccia dai rifiuti dei supermercati, raccontando di quella volta che gli sbirri...si vive con niente ma si mangia da dio, perché, vaffanculo al destino obbligato di una vita di merda passato a produrre e consumare surrogati del discount. dovrei cercarmi un appartamento, non é l'affitto che mi preoccupa (beh, anche), ma non ho voglia di pensare di dividere camere pulite con qualche studentello che alloggia in hotel con i proprio genitori (i miei, strano ma vero, in uno slancio di generosità, mi hanno pure dato dei soldi: centocinquantq euro). in fondo non ho proprio voglia di varcare il cancello della cité u, non perchè non abbia interesse a imparare, ma per tutto quello che, in fondo, l'università rappresenta. e dire che forse sono troppo ingiusta, giusto domenica sera al barocchio (cazzo se mi sembra distante!) si parlava ed infondo c'é del buono. forse è semplicemete perchè non ho saputo far altro, ma quando vedo che è possibile anche un modo di vivere che distrugge alla radice più parte della merda e c'è molto altro da fare, mi domano davvero perchè continui sulla mia strada. é solo il terzo giorno che passo, qui, vicino a belle de mai, vicino à la rose ed aix, con le sue casette dal giardino curato, palazzi puliti lungo viali alberati mi sta già sul cazzo. quando parli di erasmus tutti ti sorridono con un sorriso malizioso che immagina festini di universitari ubriachi. forse mi divertirei anche, ma penso che se già mi disgustano le chiacchiere con studenti non voglio immaginare condividere quqlcosq di più. sorry. e quindi non mi resta che me bouffer con l'alcol regalato dal supermercato, in una cucina dai muri dipinti. non so se ho tempo, ma ora non voglio pensare nient'altro che non si questo. perché sto incredibilmente bene. senza auto, senza casa, senza pc portatile (un phone center come quelli di corso giulio mi fa da sottofondo in arabo), senza soldi. ma con una certezza: l'aver capito da che parte voglio stare.

domenica 9 settembre 2007

sola con uno zaino

non so perchè ho deciso di andarmene proprio ora che ho capito molte cose, adesso che inizio ad intravedere qualche risultato. in fondo non ho voglia di riiniziare tutto da capo, non ho voglia di ritrovarmi sola in mezzo a volti che solo il tempo può rendere famigliari e amici. o forse sì, per il gusto di capire cos'ho imparato ed affrettarmi a ridere insieme. non ho nemmeno voglia di stare in cucina oggi, tra tartine e sfoglie per una festa che mi disgusta. sono stanca, ma l'unica cosa di cui sarei contenta sarebbe ritrovarmi in piazza sotto il sole smorto. ho paura di sentire troppo silenzio nei giorni che seguiranno, quando avevo quasi trovato la ricetta per non finir mai di parlare. devo lavar via la malinconia e i ricordi sfocati di quando ho vissuto nell'illusione.
ma lo so perchè me ne vado, per poter ritornare dove voglio. non qui, ma qua vicino. me ne vado per capire ciò che ancora non afferro e per occupare a marzo. per occupare a marzo.

venerdì 7 settembre 2007

quanto paghiamo al giorno per essere felici?

una foto mi basta per farmi scorrere la rabbia nelle vene, alzare i peli delle braccia e farmi bloccare le lacrime solo dalla ragione. non c'è articolo di giornale che mi possa far cambiare idea: les charognards sont là, la mort ne vient pas seule.
non voglio ripetere ciò che ho scritto e riscritto, ma è inutile cercare di cambiare la mia reazione, non posso negare che qualche esperienza in più e maggior consapevolezza non hanno fatto altro che aumentare il mio rancore. purtroppo però, non sono io a replicare con monotonia quadri dipinti con il sangue, me li trovo davanti e non posso che incazzarmi e ritrovarmi a ribadire ciò che ho sempre pensato. ben lontana dalle pagine dei giornali, vedo su internet la foto di Abdher. annegato nel Po. e la sua immagine non può che ricordarmene altre, Aldrovaldi, per esempio. il drappo bianco copre a stento il collo lacerato e sanguinante. e avrò dimenticato tutto dal mio corso di bagnino, ma non di sicuro che morire annegati è ben diverso dal ricevere manganellate. e me ne fotto delle autopsie, anche Lonzi è morto di morte naturale (e ho visto pure le sue di foto), e sta foto mi fa incazzare. mi fa incazzare vedere un ragazzo ucciso. mi fa incazzare che avesse la mia età, mi fa incazzare che l'abbiano ammazzato degli sbirri, mi fa incazzare che una persona non possa andare dove cazzo gli pare, ma debba sottostare a leggi che una minima e privilegiata minoranza ha deciso per tutti. chi invoca la legalità non capisce che non è un valore, non può esserlo, dal momento che le leggi si fanno e si cambiano. e se per quello anche mussolini ed hitler agivano nella legalità, ma semplicemente perchè le leggi se le facevano loro. mi fa incazzare che sia sufficiente non avere una cazzo di documento per venire definito criminale (sì, non definirei nemmeno tale il rapinatore di Renaud e scusate se varcare una linea immaginaria non mi sembra un delitto). perchè sono felice di andarmene da questo falso paradiso dorato, "tu nei tuoi gli anni dimmi che cazzo hai visto" chiedono gli HCV, dove nessuno ha mai neanche sentito il bisogno di fottersi il parmigiano al supermercato o scollettare per strada e dove si parla di "spruzze di fumo e bustine di overdose". perchè è inutile rinchiudere, sia in un carcere supercontrollato, in un quartiere dai margini meno definiti, in un campo che può essere spazzato via con la stessa facilità da un'alluvione o dalle ruspe dei vigili urbani, in una strada inaccessibile, in una casa occupata che tenta di nascondersi per sopravvivere. perchè non basta nascondere, rinchiudersi nei quartieri puliti (e perchè alla crocetta sono state denunciati in un anno 8004 furti in abitazioni mentre nemmeno una cinquantina a barriera?). vaffanculo alle dichiarazioni dei diritti dell'uomo, alle costituzioni che si rifanno ad una fittizia uguaglianza nella vita e davanti alla legge, tanto sono le leggi della vita che cambiano a seconda dei pezzi di carta che possiedi. e se i miei mi chiedono perchè non sto bene con loro, la risposta è semplice, non posso tollerare che la mia sazietà sia la fame di altri, mi sento colpevole a ritirarmi a venti minuti dalla città, godendo di una partita già vinta in partenza. so di aver guadagnato quello che mangio più se lo recupero al mercato in mezzo alla frutta marcia, se lo infilo in borsetta, se lo compro al discount, piuttosto che quello che compro con i soldi del lavoro. perchè non ci credo alla meritocrazia di merda, perchè i più bravi, chissà perchè, lo sono da generazioni. e se tutto questo mi fa schifo, me ne fotto delle parole, è per questo che rischio la galera ogni giorno, oltre la legalità di leggi di merda, mi faccio fotografare e schedare dalla digos, preferisco i margini vivi ai centri marci e morti.

lunedì 3 settembre 2007

in stabile movimento

sono indecisa su quali tasti picchiettare, da che parte iniziare a raccontare l'innarrabile, nell'impossibile impresa di mettere ordine su una vacanza che sembra interminabile. non ho più il segno dell'orologio al polso, cancellato dai raggi del sole, e forse è quello che mi rende impossibile immaginarmi che tutto sia avvenuto calmo e tranquillo lungo una linea retta di una fabula cronologica. settembre è l'uva dolce appesa oltre il fosso (ma è vuoto e lo attraverso), sono i fichi maturi senza la linfa troppo appiccicosa di agosto, è il sole dolce, l'alba alle sette, la rentrée e i grembiulini di chi inzia prima, sono i buoni propositi che colorano d'attivo le foglie che iniziano a schiarirsi e a mascherare il verde brillante dell'estate, è il traffico che si accalca ai semafori nelle ore di punta, è una bicicletta con le ruote sgonfie per un mese nel garage, è una noce di cocco ed una cartolina. ma tutto deve ancora iniziare.
l'anno comincia a settembre, forse antisionisti, ma qualche retaggio ebraico deve ancora galleggiare nella cultura europea. trois, deux, un c'est parti. non, en réealité, pas encore. je suis encore ici, au chaud des certitudes (qui m'ont trop souvent encagée), en soiant étonnée quand je pens qu'elles vont disparaitre. un petit peu inquietée, mais contente, orgogliosa di essere arrivata qui. senza sapere, in fondo a che punto del percorso mi trovo, se quando e come tornerò dove.