domenica 24 aprile 2011

la notte prima di pasqua


solitario dolce pedalare lungo pozzanghere specchio di luci e festa
bottiglie vuote e canti stonati a ogni angolo di strada ormai deserta
melodie di balli catalani con fisarmoniche e cornamuse non accordate escono dalle tende termoisolanti di furgoni amenagés, in accordo con le note lontane di un salone da festa sbarrato da un pedaggio di contribuzione. una zuppa cinese in un sacchetto insipido mi scalda il cuore e i piedi raffreddati da una giornata di pioggia senza aver conosciuto nessuno (già, perfino i modena potrebbero suonare in questo festival di dred e ampie gonne). frasi come i miei giri insensati su una bicicletta sempre quasi riparata che non vuole rientrare, che non vuole andare al punto, quoi. paura di uscire per temere di tornare cosi' come so che sarei rientrata. nemmeno un goccio ad alterare la tristezza, nemmeno niente a modificare il quadro già sfumato di una notte di primavera umida e fresca, con le bandierine colorate appese tra le case e le foglie del fico che imbrigliano filagginose un inutile divieto di sosta. vecchie melodie falsamente irlandesi mi tormentano, anche se le immagini che posso pensare di abbinare a quei testi melanconici non sono più le stesse di quelle che immaginavo sentendo un cd rigato in un agosto uggioso.

domenica 17 aprile 2011

inutile filologia autour d'un malaise


di phylum strettamente imparentato eppure così ricche di strumenti altamente differenziati per esprimere, dunque, sentimenti diversi. non voglio dar a tutti i costi ragione a sapir e whorf (che pur m'ispirano simpatia), ma in un apparato cognitivo che si perde tra similitudini e differenze tra due lingue dalle radici condivise, scopro attrezzi che mancano ed altri che abbondano nella mia assai disorganizzata boite à outils (e fosse solo una metafora...). un innegabile malessere diventa malaise quando attraversa le alpi. non esiste il mal-etre, l'essere male, torturati dai pensieri che infestano con ragnatele pesanti e invischiose, semplicemente ci si limita a non essere a proprio agio. un eufemismo crudele, gusto di cresson d'eau che infesta narici e palato, mal di testa che pulsa come un velo opaco sulla realtà che scorre. o forse, nemmeno su questo posso vantare certezze, distrutte da un dizionario online freddo e appuntito.