domenica 17 aprile 2011

inutile filologia autour d'un malaise


di phylum strettamente imparentato eppure così ricche di strumenti altamente differenziati per esprimere, dunque, sentimenti diversi. non voglio dar a tutti i costi ragione a sapir e whorf (che pur m'ispirano simpatia), ma in un apparato cognitivo che si perde tra similitudini e differenze tra due lingue dalle radici condivise, scopro attrezzi che mancano ed altri che abbondano nella mia assai disorganizzata boite à outils (e fosse solo una metafora...). un innegabile malessere diventa malaise quando attraversa le alpi. non esiste il mal-etre, l'essere male, torturati dai pensieri che infestano con ragnatele pesanti e invischiose, semplicemente ci si limita a non essere a proprio agio. un eufemismo crudele, gusto di cresson d'eau che infesta narici e palato, mal di testa che pulsa come un velo opaco sulla realtà che scorre. o forse, nemmeno su questo posso vantare certezze, distrutte da un dizionario online freddo e appuntito.

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