sabato 10 settembre 2011

lavori dorsali [1] e righe

taglio senza mai cucire gli steli secchi di grappi di acini, in giorni dall'alba grigia e mattini che, nonostante la nausea e il malessere di uno sbocco sulla cassetta, riescono a trascorrere (vomito saliva disgustata).
passo da un pomeriggio troppo azzurro e lungo che si snoda lentamente senza doccia ne' energia ad una notte che scorre limpida in un circolo privato di denari e poteri minables da cui mi allontano con piacere inesorabile. visi sconosciuti con cui parlare di questioni che non abbiamo nemmeno voglia di affrontare, per allontanarle quasi definitivamente (come se fosse possibile). acido lattico e muscoli stanchi, cigolio di articolazioni e cartilagini (mentre le sinapsi stridono come unghie affilate sull'ardoise).
e i mezzi capi e i padroni a cui vendo la mia salute al posto di sperperarla tranquilla in un benessere effimero, li coltiverei in un campo dalle file ordinate, arrosandoli di urina e diarrea, legandoli a doppio nodo con un filo di ferro arrugginito e raccogliendoli con un sécateur électrique, per non stancarmi le mani con l'ironia ipocrita di chi non ti considera degno nemmeno di una carta igienica ruvida.
sono sicura e decisa, senza sonno ne' affanno, una riga bianca mi indica il cammino (e meno male che non è marrone, il passaggio è già abbastanza tortuoso).

[1] erri de luca in "Aceto, arcobaleno", con la cruda realtà della vita dura nella penna, corregge un lessema assai impreciso. "[...]lavoro manuale, anche se il termine non è esatto, non è nelle mani la fatica. Preferisco chiamarlo lavoro dorsale, è lì che si accumula lo sforzo. Alla sera nel letto risento sulle costole i quintali che mi sono passati addosso. Le mani non penano nel lavoro, ma una schiena che è rimasta china o sotto carico tutto il giorno è solo un fascio di nervi indolenziti". De Luca, Erri Aceto, Arcobaleno Universale Economica Feltrinelli, Bologna 2010 pag 21