venerdì 18 dicembre 2009

temperatura della cpu a ventinove gradi

sarà per quello che nemmeno i pc vuole svegliarsi, aria gelida sulle anche, dubbi sulle parole.
non so cosa faccio qui, non so se sia meglio restare o andarmene, perdendo il tempo sballata dalle endorfine e senza capire chi mi sta attorno (ed è questo che mi fa più male; chiusa su un intrico di me stessa senza essere capace ad uscirmene, senza capire i malesseri di chi è vicino). ho freddo, ma non voglio succhiare il caldo ai piedi che dormono accanto ai miei. eppure loro mi succhiano così tante energie. spengo il picci perchè non so neanche scrivere rattristata e delusa senza sapere come uscirne. non voglio vivere rassegnata, ma ho freddo e non so quando tornerà il caldo, mi faccio angosciare per nulla e per tutto. ho freddo o paura, mi sento di sbagliare ogni cosa che faccio e che penso, e senza prosciutto sugli occhi vedo altrettanto appannato. vorrei che chi dorme accanto a me le capisse queste righe, ma non è così e non so esprimerle altrimenti.

lunedì 14 dicembre 2009

ghiaccio sotto la pioggia

sento un po' la testa scoppiare, una marmitta in ebollizione che brontola, odorando di zampe di gallina e cervella di bue. ho freddo, non so se vorrei piangere parce que je sais que je n'ai pas le droit. ho freddo e nessuna voglia di alzarmi per pisciare. eppure...forse è una metafora troppo trivale, di non immediata comprensione, per spiegare quanto credo mi accada.
è da tanto che mi dico di gettare qualche linea, ma adesso che riesco a trovare le parole devo alzarmi per una turca fredda ed un corridoio gelido. ho freddo e non riesco a capire se i vetri sono alle finestre o è il ricordo di una casa mia con i carreaux rotti. ma mi sembra che nulla abbia a che vedere con il plexigas alla cornice di una soffitta solo spifferi, freddo e grigio mi perseguitavano, ma senza mettermi in subbuglio l'inconscio e i pochi neuroni che mi restano dopo aver tirato una polvere che ancienement era arancione fluo (e ora, è quasi marrone). dubbi amletici che non mi azzardo a risolvere mi rosicano da dentro, devo pisciare, ma ho bisogno di scrivere. eppure, mi alzo gelandomi natiche e mani. non riesco a star bene, ma non so come potrei dire che sto male, eppure morsa dall'angoscia vago di malavoglia tra le pagine di libri interessanti. non riesco a capire di cosa ho voglia, forse troppo orgogliosa per farmi asciugare le lacrime con un abbraccio e qualche parola (che, de toute façon non è mai quando credo mi serva). mi angoscia una famiglia, marito e moglie attorno ad una tavola con i gosses di cui sono responsabili, ben vegliando su di loro ed aiutandoli a rimanere ben incrostati nella mediocrità di un posto di lavoro (ma, ammetto, un po' invidio i settecento euro al mese), lanciando sguardi densi di norme sociali. mi sento qualcuno sulla mia testa e non credo di essere capace di accettarlo. problemi inesistenti mi innervosiscono, ma forse vorrei solo che le mie zie mi regalassero un pc gamer di una cifra allucinante. forse è il riscaldamento elettrico, mi fa malditesta e voglia di vomitare il mattino quando mi sveglio. et, tu m'étonnes che qui posso alzarmi anche alle otto senza nausea, infreddolita dagli alluci al naso. ho bisogno di un collettivo, ma adoro perdermi nella dolcezza di due corpi prendono piacere, e mi sento troppo scossa per poter dare qualcosa in cambio della mia inutile presenza. mi sento piegée da una scelta presa non so quanto consapevolmente, forse è solo amarezza per l'impressione di non riuscire mai a realizzare ciò che ho voglia, a sentirmi ignava in un limbo di vespe fango e ragnatele. vorrei riuscire, ma è uno scifoso termine istituzionale che non parla alle mie voglie. blanquette in vasi di fiori di cristallo, in una casa dalle piastrelle bicromatiche, al riparo da ogni processo per abusività. e parla e parla e mi creo i presupposti per cadere nell'angoscia salendo con la gamba dolente una curva in salita, dopo aver visto il cane di una amica scontrarsi con l'auto di un coglione. o la mia testa non è un disco fisso o il file system deve essere davvero merdoso per non riuscire a cancellare con un colpo di spugna le immagini che mi perseguitano e le parole che rimbombano. ho voglia di nuotare, bruciare energie guadagnate restando incollata alla sedia ed alle pagine di quello che mi obbligo ad essere il mio dovere. ho freddo, mi sembra ridicolo scrivere con i guanti di lana neri comprati al balon un sabato mattina senza nebbia. 'indecisione': ho paura che sia questa la keyword, ma il problema centrale è invece la pentola a pressione che costruisco attorno ai miei dubbi, come se potessi davvero essere faber miae cuisquae fortunae. forse dovrei mettermi in testa che non vivo in uno di quei libri dove sei tu il personaggio ed una scelta può essere solo giusta o sbagliata, senza via di scampo per le infinite variabili della realtà. imprigionata da un manicheismo dualistico di matrice sconosciuta, incapace di lasciarmi cullare dalle onde del mare. innamorata forse, con il prosciutto sugli occhi (ma le avrei preferite sulle mie papille quelle fette spesse di parma) e lo spago del salame a vincolarmi nei movimenti. e mi arrabbio contro me stessa, contorta in castelli in aria dalle sicure umide e buie. mi sento inutile senza essere nemmeno in grado di spiegare quello che penso ben allineato secondo le regole della conversazione orale. mi prometto di riprovarci, ma so scegliere sempre il momento sbagliato. sono stanca e tremo, scossa dalla tensione di una molla che io stessa fomento e carico ogni minuto.