giovedì 12 gennaio 2012

194 sbarre












commento a http://menoepausa.wordpress.com/2012/01/05/ho-abortito-e-sto-benissimo/


Ammetto di non essere riuscita a leggere tutta la sfilza di commenti a questo post perché un male alla pancia pungente e profondo me l’ha impedito. un dolore che sa di tortura, quotidiana, psicologica, subdola e meschina; lesioni su tutto il mio corpo e il mio cervello che vorrebbero ammanettarmi alla retta via e non fanno altro che dilatare rabbia e odio contro i moralisti di ogni ordine e grado.
Leggendo i commenti a questo post lucido e pienamente condivisibile, quello che mi ha lasciato più perplessa è l’aggirarsi, spesso sotto mentite spoglie, di un moralismo viscido e pervasivo.
Leggere “ha fatto tutto il possibile, ma poverina, non ha avuto fortuna, quindi può abortire” mi fa ribrezzo. Non posso abortire perché, povera me, gli ormoni che inquinano il mio corpo e mi incatenano quotidianamente a rispettare scadenze e orari non hanno funzionato. Posso abortire perché, innanzitutto, è una scelta che mi spetta concernendomi nel più profondo, che io abbia fatto di tutto per evitarlo, oppure no. Per che chi spreca il fiato su fantomatici bambini e vite, nemmeno riesce a capire cos’è un essere umano, nemmeno riesce a rispettarlo, nemmeno sa cos’è la libertà di poter decidere del proprio futuro. Poi, non so proprio quale pazza donna pianifichi di mettersi nelle mani di macellai che dall’alto del loro ruolo di Salute Pubblica disprezzano e accusano per paura di iniziare a pensare, per il rimorso di avercela quella dolce famigliula che vorrebbero affibbiare alle donne che vedono passare sotto i loro occhi. Io avrei voglia di ritornare agli anni 70 e ricominciare a parlare di aborto autogestito, senza discorsi paternalistici ogni qualvolta si cerchi di capire cosa desideriamo. E magari fare dei gruppi di parola per sbarazzarsi di tutte quelle false informazioni che ci fanno credere che al “bambino” spuntino le manine a partire dalla seconda settimana e che la spirale è adatta solo a partire dalla menopausa. Perché è ora forse di farglielo capire che sessualità e riproduzione non sono la stessa cosa (e anche a chi parla a vanvera citando animali e natura forse dovrebbe rivedere i suoi dati e le sue fonti), un aborto doloroso non dovrà mai essere vissuto come una punizione per aver ceduto agli istinti. Perché al prossimo che se la ride su un’aspirazione uterina degna di un carnefice, gliela farei proprio una bella asportazione, con un bisturi ben arrugginito e seghettato.

2 commenti:

moi ha detto...

E non è solo questione di corpo, è questione di vita. un@ figli@ non concerne solo le cellule del mio corpo, ma implica, se l@ si mette al mondo per amarl@ e perchè possa comunque trovare un minimo di piacere in questo mondo di merda, una ridefinizione profonda delle mie scelte quotidiane e non. e se si crede davvero nell'amore per il prossimo, non vedo come sia possibile concepire come conigli per il proprio ego, senza un minimo di attenzione per la persona che si sta creando. perché non saranno i preti a soffrire mentre il collo dell'utero si dilata e si lacera, mentre la nausea arriva fino a far sentire l'acido di uno sbocco tra i denti, mentre dentini carini torturano capezzoli stanchi, mentre grida nella notte non permettono di chiudere occhio per più di tre ore, non saranno i preti a farsi umiliare in colloqui per mendicare un lavoro precario per comprare i pannolini, non saranno i preti ad essere oppressi da un'enorme responsabilità costruita socialmente che indica nella madre la sola responsabile di quella che si vorrebbe una persona a se' stante. angoscia del domani per il non essere all'altezza, sensi di colpa per arraffare ai cassonetti il cibo per sé e nessuna voglia di obbligare qualcun altro a nutrirsi degli scarti della società consumista. nessuna voglia di obbligare qualcuno a trovarsi in situazioni che non merita. nessuna voglia di obbligare qualcuno a nascere.

giustoacaso ha detto...

Molto interessante. Grazie