domenica 10 luglio 2011

se edipo mi facesse una sega


sembra quasi che mi sforzi a non voler dormire, masochistico piacere nel pensare e ricordare sguardi sans-issu che mi sfiorano le dita. e quasi fossi ritornata indietro in una notte su una spiaggia troppo pietrosa, mi perdo negli occhi e nel sorriso di uno sconosciuto che mi fa rimpicciolire con lui. per rendermi conto, all'alba, che non è servito a nulla aspettare se non farmi tendere invano nel possibile dell'adrenalina ovattata, delle carezze non ricevute, dell'ennesimo castello in aria che svanisce nelle nuvole di una nottata fresca e senza stelle. e mi chiedo se sono io che mi faccio spaventare da ciò che potrebbe essere oppure, sempre io, tratteggio immagini che mi invento senza nessuna ragione di essere. e nell'ombra di una luna di plastica fosforescente mi ferisce l'invidia che non è neanche più gelosia di parole di conforto per un malessere che, in maniera egocentricamente oggettiva, mi sembra assai meno motivato del mio. ma io non riesco a parlare, che sia accanto ad un geranio che emana l'aroma chimico di un antizanzare biologico ne' tantomeno laddove devo varcare solchi che l'amarezza, la freddezza e la rigidità hanno graffiato in profondità come rebbi di una forchetta su una pelle tesa. nelle notti di pioggia e lucciole brillanti nonostante l'acqua sulle ali, avrei voluto averla anch'io una voce razionale a leccarmi le lacrime per niente, ma sono sempre restata sola con il mio tachimetro verde ondeggiante, con la mia insaziabile wanderung e troppo orgoglio opprimente. ma decidere e recidere, senza obbligatoriamente dover necessitare d'introspezione, mi ha fatto volere e volare. e mi rendo conto che sono stata bene, con gli occhi e la bocca spalancata davanti ad una ventata di iodio e tiglio. e, agghiacciantemente, ho riscoperto di aver la consapevolezza del vicolo stretto e sporco di sterco nel quale mi imbucavo con delle idee troppo rette e troppo vicine da chi mi è terribilmente distante. eppure sono qui, a farmi stritolare dalla noia dell'incomunicabilità se non in superficie, dal clivage incolmabile di due parti di una barricata diversa. e il peggio è che credono che io sia trasparente, mentre niente è stato così opaco come le mie lacrime adipose.

Nessun commento: